La tua vera identità e le false immagini
Fino a che non riposiamo nel Silenzio del nostro essere, che è la nostra vera natura, cerchiamo questa eternità, questa permanenza in ciò che và e viene.
Nella nostra esperienza lavorativa cerchiamo qualcosa di sicuro, di stabile. Lottiamo per questo, lottiamo per avere qualcosa a cui aggrapparci che sia fisso, qualcosa in cui poter dire: Sono io.
E ci spaventiamo se questa identità viene in qualche modo minacciata o scalfita, perché se lo farà perderemo noi stessi.
Lo stesso accade su un piano affettivo, cerchiamo la nostra identità nelle nostre relazioni e quando una relazione viene minacciata o finisce sentiamo paura, paura di dissolversi, paura di morire.
Frasi come “io non esisto senza te” acquisiscono a questo punto un senso diverso, la mia identificazione non può esistere senza che quell’oggetto che tu rappresenti rimanga nella mia vita.
Costruiamo pseudo identificazioni in tutti i piani della nostra esistenza, persino quello spirituale.
A volte nonostante la nostra profonda ricerca del vero, cerchiamo questa identità anche negli aspetti religiosi o spirituali e quindi l’identità di appartenenza a una famiglia spirituale o a un certo maestro diventano fonte di identificazione, e laddove questa identificazione viene minacciata per qualsivoglia motivo, sentiamo paura.
Cerchiamo di rendere dunque cose che vanno e vengono eterne. Solo perché non siamo chiari su cosa siamo, solo perché non abbiamo ancora riconosciuto la nostra vera identità che è Silenzio, Nulla, Vuoto.
Quando una di queste pseudo identità comincia ad andare in crisi, quando senti che il tuo mondo sta per finire, sta per crollare, e tu stai per crollare con il tuo mondo, quello è un momento particolarmente creativo e importante.
È un momento molto delicato, perché è il momento in cui sei disposto a rinunciare alle credenze che hai su te stesso e sulla vita. Sei aperto, e se sei sufficientemente fortunato di non trovare niente a cui aggrapparti, ecco che crolli completamente e ti apri.
E in quest’apertura, se riesci a reggere all’impatto energetico magari grazie a un’informazione corretta su questo, come questa che vi sto dando, ecco non hai più un punto di riferimento nel mondo, ma il tuo punto di riferimento diventa il silenzio dell’Essere. Che non è da qualche parte o in qualchecosa o in qualcheduno.
Allora tutto il mondo diventa la tua identità, tutta la manifestazione diventa espressione di ciò che sei, tutto ciò che esiste è te. Allora ti attacchi a tutto, ti identifichi con tutto, Tutto. Si chiama amore. Allora non difendi più una cosa contro un’altra, non sei più vittima di una polarità, di una separazione.
Non significa che tu non abbia più preferenze individuali, quelle restano perché appartengono alla forma, ma il tuo cuore è aperto verso tutto e tutti.
E allora riconosci in tutti coloro che hai amato, in maestri e le guide che hai avuto, in tutti i percorsi lavorativi e professionali che hai fatto espressione della tua ricerca del Divino, e sei grato e sei grata, ma non c’è attaccamento.
Come puoi avere attaccamento verso qualcosa che tu stesso hai creato? È impossibile non trovi? Questo processo di distacco e di riscoperta dell’amore, senza destinazione, senza oggetto.
Un amore senza destinatario, solo amare, è il processo della morte del ”me” per riconoscerci in ciò che veramente siamo: Silenzio.
Apparentemente sul pianeta la modalità di una identificazione che preceda un completo distacco è qualcosa che sembra essere stato finora il percorso, ma non deve essere per forza così. Sembra che finora ci sia dovuti identificarci in qualcosa per poterlo lasciar andare e poi ritrovarci forse a un certo punto nel Tutto.
Sembra un processo molto lungo e chi mi conosce un po’, sa che mi piace andare di fretta. Non è l’unica possibilità, non è l’unica possibilità quella di identificarsi per poi soffrire l’identificazione, lasciare andare e riconoscere quello che siamo.
Possiamo anche diventare saggi sapete? Vedo ragazzi, vedo dei bambini che a volte vengono portati dalle famiglie nei Satsang, vedere l’importanza di tutto questo prima di cadere nel gioco dell’identificazione, non significa che forse in parte ci cadranno, ma non ci crederanno mai completamente, saranno più liberi, saranno più liberi di amare senza un limite.
Vi accorgete di quanti limiti ha il vostro amare? Ne siete consapevoli? Siete consapevoli di quante limitazione il vostro amare si pone? ”Non posso amare tutti , il mio cuore verrà ferito, si approfitteranno di me, verrà abusato, mi chiederanno di fare cose che io non voglio fare e io non saprò dire di no”, “Non posso amare tutti”.
Mentirei dicendo che l’inferno è credere che gli altri esistano, non ci sono gli altri nella realtà dell’essere, ci sei tu. E gli altri mostrano quella limitazione, e se davvero un altro ti ferisce, è davvero l’altro che ti ferisce o il comportamento dell’altro è semplicemente l’espressione di una ferita che è ancora presente in te?
Una ferita profonda di separazione… Che se viene guarita non viene guarita solo per l’individuo, ma viene guarita per l’umanità intera, perché tu sei l’umanità intera, in te c’è il seme dell’umanità intera.
Non è utopistico quello che ti stò dicendo, è concreto e reale, quando passi qualche giorno quì insieme nel ritiro ti accorgi che esiste una dolcezza e una fratellanza che non appartengono a un comportamento che gli individui decidono di tenere. Nessuno di noi decide di essere amorevole o aperto verso gli altri, accade in modo spontaneo. E perché accade in modo spontaneo? Accade in modo spontaneo perché nessuno vive a partire dall’idea che siamo separati, questa idea viene minata qui.
Dunque di conseguenza c’è la possibilità di poter vivere concretamente anche solo per pochi giorni in questa piccola comunità che si forma quando siamo insieme non più a partire dal senso di separazione e vediamo gli effetti di questo, e vediamo il piacere di poter essere aperti verso gli altri, l’umorismo di poter essere aperti verso gli altri, il divertimento di poter essere aperti verso gli altri di poter giocare con gli altri, senza paura.
Capite? Non c’è niente che ci impedisca di vivere così fuori da qua se non la paura di farlo.
E il modo migliore di gestire la paura è guardarla negli occhi, sorriderle e affrontarla. Non obbedirle. La paura è una porta da attraversare, oltre quella paura c’è un profonda libertà.
Shakti Caterina Maggi
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